Nata a Catanzaro il 26 marzo 1938 da Adriana Marani, maestra, e Domenico Cipollina, cancelliere capo al tribunale di Catanzaro, Giusi trascorre in Calabria l’infanzia e la prima adolescenza. Verso la metà degli anni Cinquanta la famiglia si trasferisce a Firenze, dove la futura poetessa consegue la maturità classica e la laurea in Biologia con tesi sperimentale in igiene. Questi sono gli anni in cui conosce vari intellettuali dell’epoca, tra i quali si ricorda certamente Mario Luzi, con cui nasce una profonda e sincera amicizia. Dopo aver sposato, nella chiesa di San Miniato, l’avvocato Giuseppe Verbaro, del quale adotterà il cognome con cui diverrà nota a livello nazionale e internazionale, nel 1961 torna a Catanzaro, in Calabria, amata terra d’origine. Nel 1962 diviene madre grazie alla nascita di Caterina, mentre nel 1965 è dato alla luce il secondogenito, Demetrio. La fine degli anni Sessanta costituisce l’inizio della produzione lirica di Giusi, che vivrà ancora una volta la maternità con la venuta al mondo dell’ultima figlia, Viviana. Esordisce in poesia nel 1971, con la pubblicazione della silloge Voglio essere voce, da cui prenderà successivamente le distanze, e sempre più frequenti diverranno le collaborazioni con intellettuali, riviste e giornali dell’epoca; partecipa, inoltre, a numerosi concorsi poetici di quegli anni, vincendo premi alquanto prestigiosi. Tra le raccolte più note della prima fase di scrittura si ricordano Traiettorie e traslazioni (1979), A valenze variabili (1981), Mediazioni e ipotesi per maschere (1985) e Utopia della pazienza (1986): le ultime tre opere confluiranno nell’antologia di viaggio Itaca Itaca… (1988). Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta appaiono i più bei versi amorosi della produzione poetica della Verbaro, che culminano nella pubblicazione dell’avvincente Le lune e la Regina (1993). L’ultima fase poetica è improntata invece al recupero memoriale e alla scoperta del ciclico ritorno della vita: le poesie in questione abitano le pagine di opere quali Nel nome della madre (1997), Luce da Hakepa (2001), Solstizio d’estate (2008), La casa sulla scogliera (2011) e Il vento arriva da uno spazio bianco (2013), che costituisce, di fatto, il lascito testamentario dell’autrice. Numerosi i versi della poetessa che impreziosiscono cartelle d’arte realizzate in collaborazione con celebri artisti contemporanei: tra le più note si ricordano Appunti d’autunno (1988), Nostos (1998), Fondali (2001) e Angeli (2009). Meno cospicua, ma non per questo di secondaria importanza, anche la produzione saggistica di Giusi Verbaro, che riflette la dimensione lucida e razionale della personalità scientifica della scrittrice: i libri a riguardo sono Poeti della Calabria (1982), Le alchimie dello stregone (1984), L’amorosa avventura (2000) e il postumo Le tracce nel labirinto (2019), curato dalla figlia Caterina. Muore d’infarto il 27 agosto 2015 a Soverato, nei pressi della natia Catanzaro, dopo aver trascorso un’altra estate sullo Ionio, “amatissimo mare di Calabria”.

(a cura di Salvtore Iacopetta)


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